
Questo è il breve racconto di una realtà caotica che, grazie all’intervento tacito di un particolare pasticciere che apre bottega in città, riesce a riportare la pace dove regnavano incomunicabilità fatte di rumori e parole pompose prive di senso, proferite dalla bocca di persone che cercavano di comunicare, ma non riuscivano a condividere niente. In questa città le persone si parlano, ma non si capiscono, quasi sopraffatte dallo stile di vita tipico della post-modernità, prese dal flusso della quotidianità veloce e turbolenta. Questo tenore genera inquietudine nella socialità, diventata povera e fredda. Fino a che non apre la pasticceria “Zitti”, in cui lavora il proprietario, il signor Zitti, che prepara magnifici dolci muniti di un particolare ingrediente che tutti hanno completamente rimosso dalle proprie vite: il silenzio. Un silenzio che gli deriva da un disturbo risalente all’infanzia e che lo mantiene in questa condizione di quiete perenne. Grazie al suo arrivo e ai suoi preparati speciali, la popolazione della città riscopre una dimensione messa da parte da tempo: quella della lentezza della vita, della condivisione profonda, fatta di sguardi e di riflessività. Un miglioramento non da poco, che innalza la loro qualità della vita a dismisura.


Ho apprezzato molto questo albo illustrato, in quanto appassionata di linguistica pragmatica e di tutte le dimensioni non evidenti della comunicazione e anche come instancabile ricercatrice di una dimensione che sia pregna di spessore umano, vero. Cosa c’entra il silenzio con la comunicazione? Innanzitutto, lo conosciamo per lo scambio comunicativo che avviene tra due persone e prevede dei turni di parola in cui c’è chi parla e chi tace in ascolto. Questo è l’esempio più lampante di come si realizza continuamente il silenzio in comunicazione. Generalmente, però, i momenti privi di parole si verificano senza prevedere uno scambio e spesso generano imbarazzo. Infatti, nelle culture occidentali, il silenzio è interpretato come un vuoto nell’interazione, che deve necessariamente essere riempito per non considerarsi deboli, incapaci di esprimere un punto di vista o di mancare di vigore nella conversazione. Questo è particolarmente evidente nel moltiplicarsi continuo di interazioni su blog, social, chat, che mostrano un vero e proprio horror vacui delle persone nei confronti dell’assenza di trasmissione o condivisione di informazioni, al punto di avere bisogno di mettere a disposizione degli altri e commentare con loro ogni momento della propria esperienza di vita (in relazione con la etimologia di “comunicazione”).
In questo senso, è fondamentale ridare dignità al silenzio, con il suo valore particolare all’interno della conversazione, che può arrivare a sostituire la dimensione verbale e ad attribuire all’interlocutore che ne fa uso delle vere e proprie intenzioni comunicative (indifferenza, ascolto, preoccupazione, ecc.).
Questo albo è lo strumento perfetto per riflettere con ragazzi/e e bambini/e sui ruoli del silenzio nella comunicazione e nelle diverse culture, fornendo loro uno sguardo più ampio su una dinamica comunicativa messa in atto di continuo oppure per cercare di riscoprire momenti nelle giornate che siano completamente pieni di niente. Si potrebbe, a partire dalla lettura dell’albo, far realizzare loro un lavoro di scoperta dei vari significati che può veicolare il silenzio nell’interazione o di ricerca sul ruolo rivestito dal silenzio nelle culture occidentali rispetto alle orientali. Si potrebbe anche realizzare un diario quotidiano in cui si documenti in forma scritta l’esercizio di distacco dallo smartphone per un determinato tempo stabilito al giorno e per un certo numero di giorni.